FederSpecializzandi boccia gli accordi per l’autonomia regionale nella formazione medica e la creazione di doppi canali: no a specializzandi di serie A e specializzandi di serie B.

Dall’istituzione del percorso nazionale di formazione specialistica, ottenuto con anni di grande impegno di numerose sigle e gruppi di specializzandi, e successivamente dell’istituzione del concorso di accesso nazionale, abbiamo puntualmente letto di ipotesi che, a vario titolo, hanno proposto l’introduzione di un “doppio canale formativo”.

La prima risale al dicembre 2014, quando fu ipotizzata l’istituzione di due binari per gli specializzandi delle medesime Scuole, i quali avrebbero potuto svolgere il proprio percorso all’interno dell’Università accedendo tramite il canonico concorso nazionale, oppure in aziende sanitarie non universitarie, con equiparazione del titolo finale.
Suscitando scalpore e forti perplessità su diversi fronti, la proposta era stata poi accantonata.

Anche di recente, l’ipotesi di percorsi paralleli a quello faticosamente conquistato in questi anni si è ripresentata come soluzione alle pericolose carenze di organico nel futuro prossimo venturo (reali e su cui urge intervenire tempestivamente).

In ultimo, la Legge 3/2018, ha pericolosamente introdotto all’articolo 15 la possibilità che possano essere definite “ulteriori modalita’ attuative, anche negoziali, per l’inserimento dei medici in formazione specialistica all’interno delle strutture sanitarie inserite nella rete formativa”.

A mezzo stampa apprendiamo ora che Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno firmato con il Governo dei pre-accordi per l’autonomia su alcuni specifici ambiti sanitari, tra i quali anche quello della formazione medica specialistica.

Nello specifico, i pre-accordi prevedono la possibilità di:

  • “programmare l’accesso alle scuole di specializzazione e le borse di studio per i medici specializzandi e la loro integrazione nel sistema aziendale. E’ prevista la possibilità, attraverso accordi con le Università, di stipulare contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” alternativi alle Scuole di specializzazione;
  • definizione delle modalità per l’inserimento dei medici titolari del contratto di specializzazione lavoro, all’interno delle strutture del Ssn, fermo restando che il contratto in esame non può dare in alcun modo diritto all’accesso ai ruoli del Ssn né all’instaurazione di alcun rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lo stesso, se non interviene una ulteriore procedura selettiva a tal fine dedicata.”

Come FederSpecializzandi, Associazione Nazionale dei Medici in Formazione Specialistica, esprimiamo la nostra netta contrarietà sia a proposte che mirino a riconversioni del contratto di formazione in contratti lavorativi, sia a percorsi post-lauream paralleli ed aggiuntivi a quelli previsti a livello nazionale.

Le motivazioni dietro a questa posizione sono elencate di seguito.

  1. Perdita di uniformità dei percorsi formativi: Creare un percorso parallelo nel SSN implicherebbe l’instaurarsi di disparità e disomogeneità nella formazione, anche all’interno della stessa tipologia di scuola, con il risultato che il titolo del diploma di specializzazione potrebbe corrispondere a una professionalità molto variabile da specialista a specialista, dipendente dalle diverse esperienze non standardizzate né definite univocamente. Se i contratti sono insufficienti per coloro che provano il test, la soluzione è quella di aumentare le risorse a livello nazionale, non di creare percorsi di serie A e serie B. Peraltro, con il DM 70 è già prevista una rotazione in struttura afferenti al SSN e non solo all’interno di quelle universitarie.
  2. Mancanza di garanzie didattiche e valutative: Al di fuori di un percorso standardizzato ed uniforma a livello nazionale scompaiono completamente garanzie qualitative e quantitative in termini didattici. Tra gli standard e i requisiti per le strutture in rete formativa, infatti, non esistono solo indicatori di prestazioni assistenziali, ma anche cruciali indicatori del livello di insegnamento. Precisiamo inoltre come non sia sufficiente omologare la valutazione finale e l’aspetto delle lezioni, lasciandole appannaggio della Scuola di Specializzazione, poiché la didattica post-lauream è composta da molti altri aspetti, quali la tutorship di qualità, le valutazioni continue, la ricerca e aggiornamento o i momenti di condivisione clinica e scientifica che caratterizzano il percorso formativo.
  3. Sbilanciamento della figura dello specializzando verso l’aspetto lavorativo: La separazione del percorso formativo provoca, poi, un’alterazione dell’equilibrio delicato che vede attualmente nello specializzando coesistere le due figure del medico in formazione, che acquisisce competenze, e del medico lavoratore che eroga un servizio assistenziale, proporzionale alle competenze già acquisite e con progressiva assunzione di responsabilità e raggiungimento dell’autonomia. Un contratto di natura lavorativa spingerebbe le aziende a gestire i medici in formazione come meri fattori di produzione, legittimando la dequalificazione del momento formativo e vincolando gli specializzandi a concentrare le loro energie alle attività di gestione del reparto senza curarsi della loro crescita.
  4. Blocco assunzioni per i neospecialisti e forza lavoro a buon mercato: Anche dal punto di vista dell’accesso al mondo del lavoro, proposte che inquadrino i medici in formazione con contratti lavorativi risultano essere tutt’altro che vantaggiose poiché andando a “coprire” i bisogni delle strutture del SSN mediante gli specializzandi in costante ricambio, riducono ulteriormente il turnover di assunzione di neospecialisti, come peraltro ben evidenziato dal fatto che simili contratti non garantiranno l’instaurazione di alcun rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Risulta pertanto piuttosto chiaro che una simile proposta trovi origine dalla necessità di “tappare i buchi” presenti nell’organico delle aziende sanitarie con personale a basso costo rispetto a quello strutturato.
  5. Nuovo sconvolgimento organizzativo del percorso formativo, a pochi anni dall’entrata in vigore del Decreto Interministeriale n° 68 del 2015 sul riordino delle Scuole di Specializzazione: Appare del tutto inadeguato rivedere ulteriormente gli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione sulla base della compatibilità con questo momento finale nel SSN per gli specializzandi all’ultimo biennio. Serve ancora un grande sforzo per applicare uniformemente le direttive presenti del Decreto Interministeriale n° 68 del 2015 e un nuovo sconvolgimento organizzativo del percorso formativo non farà altro che rallentare (se non completamente vanificare) i progressi fatti sino ad ora. È assolutamente necessario invece lavorare sugli ordinamenti dal punto di vista didattico, sulla definizione delle competenze da acquisire nei vari percorsi formativi e sulla loro valutazione e certificazione.

Chiediamo con forza che si difenda un percorso di specializzazione unico finalizzato ad assicurare le medesime competenze su scala nazionale, che spinga le singole Scuole a migliorare il proprio livello formativo per diventare poli di attrazione davvero professionalizzanti.

Il nostro Sistema Sanitario è nazionale, e i professionisti che ne costituiscono il cuore devono potersi formare al meglio indipendentemente dalla loro sede di origine.

La formazione medica è un patrimonio di tutti ed una frammentazione dei percorsi formativi su base regionale rischia di smantellare questo importantissimo principio di universalità.

Se si vogliono trovare risorse per gli specializzandi non si ricorra a strategie per acquisire manovalanza a buon mercato, ma si investano fondi per i contratti nazionali ancora mancanti e si tuteli l’uniforme acquisizione delle competenze.

Ci auguriamo che altre rappresentanze mediche si esprimano negativamente a riguardo e invitiamo i decisori politici a tornare sui propri passi revocando questi accordi preliminari sulla formazione medica specialistica.