Il regionalismo differenziato rischia di mettere in pericolo il SSN e la formazione medico-specialistica

Recentemente il Governo ha annunciato i prossimi step che potrebbero condurre al cosiddetto “Regionalismo differenziato” o “asimmetrico”: di cosa si tratta?

Il Comma terzo dell’art.116 della Costituzione, riformato nel 2001 durante revisione del Titolo V, concede “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni a statuto ordinario in merito ad alcune materie che costituiscono il cuore del welfare, come sanità e istruzione. Tentativi di ulteriore modifica del Titolo V hanno avuto luogo con i Referendum Costituzionali del 2006 e del 2016, entrambi con esito negativo.

Il Governo Gentiloni aveva già avviato un iter di consultazioni e di accordi preliminari sottoscritti il 28 febbraio 2018 con il Veneto e la Lombardia, a cui si aggiunse anche l’Emilia-Romagna.

Appare in modo evidente come il Titolo V così espresso abbia creato nel tempo numerose discussioni e contraddizioni.

I principi di Universalismo ed Equità del Servizio Sanitario Nazionale rischiano di essere messi in discussione dagli accordi in discussione tra il Governo e le tre citate Regioni, che rivendicano maggiore autonomia nella gestione del gettito fiscale e di diversi altri ambiti legati alla Sanità.

Su quest’ultima, in particolare, si rivendicano aspetti come l’ autonomia nei vincoli di spesa in materia di gestione del personale, l’autonomia nello svolgimento delle funzioni relative al sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione.

La Fondazione GIMBE ha recentemente preparato una sinossi utile a orientarsi su questo tema.

In merito alla formazione Medico-Specialistica si ripresentano dei nodi cruciali su cui FederSpecializzandi si è sempre espressa in modo critico, già a partire dal Patto per la Salute.

In particolare viene rivendicata:

  1. Maggiore autonomia in materia di accesso alle scuole di specializzazione, tra cui la programmazione delle borse di studio per i medici specializzandi e l‘integrazione operativa dei medici specializzandi con il sistema aziendale;
  2. Possibilità di stipulare, per i medici, contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro”.
  3. Possibilità di stipulare accordi con le Università del rispettivo territorio: per l’integrazione operativa dei medici specializzandi con il sistema aziendale e per rendere possibile l’accesso dei medici titolari del contratto di “specializzazione lavoro” alle scuole di specializzazione.

Analizzando il testo si evince come queste proposte instaurino di fatto un canale formativo parallelo e alternativo rispetto a quello attuale.

Come medici in formazione ci troviamo nuovamente ad esprimerci in modo fortemente contrario a qualsiasi tentativo di smantellamento di una formazione medico-specialistica di struttura unica e nazionale, in un’ottica di dequalificazione volta a colmare le carenze di organico in modo non strutturato e non programmatico.

Quale situazione rischia di crearsi? Da un lato, ci saranno specializzandi inseriti in una rete formativa con standard uniformi su tutto il territorio nazionale; dall’altro lato, ci saranno specializzandi che, verosimilmente bypassando il concorso nazionale, verranno inseriti in un percorso gestito dalle singole Regioni con lo scopo di avere manodopera da impiegare nelle strutture in carenza di personale, anche quelle più periferiche che non sono in grado di garantire standard formativi minimi.

Sappiamo che qualcuno potrà obiettare dicendo che la formazione già ora non sia uguale per tutti e che in molti casi i medici già svolgono attività al di là del necessario.

Siamo d’accordo: per questo chiediamo che si lavori per colmare gli attuali divari puntando al miglioramento, senza smantellare i progressi fatti finora.

Tutti gli specializzandi devono pretendere di essere formati in maniera adeguata, uniforme e confrontabile, con le stesse possibilità da Milano a Palermo.

Invece, anziché intervenire aumentando i contratti di formazione a livello nazionale, anziché sbloccare i tetti di spesa per le assunzioni degli specialisti, anziché intervenire sulla qualità del lavoro, e soprattutto sulla qualità formativa creando curricula uniformi per specializzazione a livello nazionale, si demanda totalmente alle Regioni la responsabilità di risolvere le attuali carenze di sistema.

Come si può desumere, il regionalismo differenziato ha le potenzialità di minare le fondamenta del Servizio Sanitario Nazionale di fatto allargando ancora di più la forbice delle disuguaglianze in salute: non possono esistere differenze per i cittadini in termini di accesso alle cure, tipologia e qualità dei servizi erogati.

La discussione tra i Presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e il Governo riprenderà il 15 Febbraio, salvo nuove disposizioni.

Ci auguriamo una proficua discussione da parte di ogni fazione politica per superare le incongruenze in tema di Sanità generate dall’attuale Titolo V: l’autonomia regionale non deve essere concepita come autonomia differenziata, per tutela del SSN e della salute di tutti i cittadini.

Ci uniamo dunque a tutte le parti intervenute per superare incongruenze e disparità in tema di Sanità, augurandoci che nuove voci si aggiungano al coro nelle prossime settimane.

Per quanto riguarda la formazione medico-specialistica è necessario mantenere e potenziare un percorso di acquisizione delle competenze su base nazionale, così da scongiurare la formazione di medici di serie A e di medici di serie B.

Le Scuole devono impegnarsi ad aumentare gli standard e la qualità della formazione senza creare disparità o differenze, che andrebbero in ultimo a ricadere esclusivamente sulla qualità e l’uniformità delle cure e dei servizi.

Bisogna considerare i fabbisogni dell’intero sistema: in quest’ottica, aumentare le borse di specializzazione e di medicina generale è un’urgenza per risolvere la problematica dell’imbuto formativo e della carenza di personale medico.

Non possiamo però risolvere la carenza dei medici de-qualificando la formazione e creando percorsi paralleli e differenziati.

Chi oggi accetta le proposte di regionalismo differenziato, in particolar modo sulla qualità formativa, accetta di alimentare disuguaglianze di salute che pagheremo tutti negli anni a venire.

Uno scenario ben poco in linea con la tutela del nostro SSN, di cui abbiamo da poco celebrato forse uno degli ultimi compleanni.


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