A seguito delle discussioni e degli aggiornamenti dell’ultima settimana, FederSpecializzandi esprime le proprie considerazioni riguardo all’entrata in vigore in data 25 novembre 2015 della norma Europea che regolamenta l’orario di lavoro.
In particolare si fornisce un approfondimento sulla normativa stessa, un focus sulla sua entrata in vigore in Italia e sulla sua applicabilità ai medici in formazione specialistica.
In ultimo si redigono delle considerazioni generali su particolari implicazioni che potrebbe avere l’applicazione della norma nel contesto formativo dello specializzando.
1. La direttiva Europea
La direttiva Europea 88 del 2003 stabilisce “prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro (art. 1)“.
Il testo completo è reperibile al seguente link.
Per lavoratore, dalla precedente direttiva 391 del 1989, si intende: “qualsiasi persona impiegata da un datore di lavoro, compresi i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione dei domestici“.
Si deduce dunque che sono compresi all’interno di tale categoria anche i medici in formazione.
Tra i diversi articoli contenuti nel testo, si riportano di seguito quelli essenziali e più discussi, che sono alla base delle implicazioni che l’applicazione della direttiva ha sull’organizzazione del lavoro assistenziale:
- Art. 3, sul riposo giornaliero, che deve essere di almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore;
- Art. 4, sulla pausa: ogni 6 ore di lavoro deve essere prevista una pausa, le cui modalità sono definite dai contratti di lavoro;
- Art. 5, sul riposo settimanale: oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero (24 ore) a settimana di riposo;
- Art. 6, sull’orario settimanale: esso è stabilito dai contratti nazionali (l’orario dei medici italiani è 34 ore di clinica + 4 di aggiornamento), ma in ogni caso non può superare le 48 ore settimanali, compresi gli straordinari;
- Art. 7, sulle ferie annuali, che devono essere di almeno 4 settimane;
- Art. 17, sulle categorie di lavoratori per cui possano essere previste deroghe a tali articoli. In particolare, per “servizi relativi all’accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione“, possono essere concesse delle deroghe all’articolo 3 (riposo giornaliero), 4 (pausa ogni 6 ore), 5 (riposo settimanale), a condizione che vengano concessi periodi di riposo compensativi.
Si noti che non sono invece previste deroghe per le 48 ore settimanali né per le ferie annuali e che vengono esplicitamente inclusi nel personale addetto agli ospedali i medici in formazione, essendo anch’essi compresi nella direttiva.
Per i medici in formazione viene inoltre specificato nel medesimo articolo che vi è un periodo di transitoria deroga anche alla durata settimanale dell’orario di lavoro. Negli anni il massimo di ore lavorative giornaliere è sceso da 58 a 56 a 52 per poi arrivare dal 2009 a 48. Questo periodo era stato chiesto dal Regno Unito e altri Paesi che avevano programmi di specializzazione con orari più lunghi, e avevano bisogno di tempo per organizzarsi.
L’Italia, invece, non aveva chiesto né applicato alcuna deroga per i medici in formazione.
2. Il caso Italiano
L’Italia ha recepito questa direttiva col decreto 66 del 2003, in cui vengono riproposti i medesimi articoli contenuti della direttiva 2003/88/CE, compresi gli espliciti riferimenti ai medici in formazione, sempre all’art. 17 punto 2 c). E’ stata però introdotta un’ulteriore deroga rispetto a quelle elencate nell’originale articolo della direttiva riguardante le 48 ore settimanali, valida per tutti i lavoratori.
La Commissione Europea in questi anni ha più volte sollecitato l’Italia a revocare tale deroga per i dirigenti medici e, dopo anni di controversie legali, la Corte Europea ha infine ottenuto l’applicazione della direttiva Europea originale anche nel nostro Paese, a partire dal 25 novembre 2015.
3. L’applicabilità ai medici specializzandi
Secondo la legge, già dal 2009 anche in Italia i medici in formazione specialistica, che non rientrano nella definizione di dirigenti medici, hanno un orario massimo settimanale di 48 ore, un riposo a settimana, 4 settimane di ferie all’anno, e riposi intervallati ai turni lavorativi, i quali, con una certa elasticità, possono essere riorganizzati in quest’ottica.
Oltre alla direttiva Europea e al decreto legislativo italiano, sono molto chiari in merito anche un comunicato stampa della Commissione Europea e il parere legale richiesto dal sindacato medico ANAAO, tutti concordi che tra i destinatari della direttiva siano inclusi anche i medici specializzandi.
Nonostante tale documentazione legislativa, in Italia l’interpretazione riguardo l’applicabilità agli specializzandi della norma non è univoca, specialmente al livello regionale.
La regione Emilia Romagna, ad esempio, in una circolare interpretativa della legge, esclude il “personale specializzando” dalla direttiva, in quanto “non rientra nella definizione di lavoratore” secondo il decreto 66/2003.
Risulta possibile che interpretazioni così varie derivino dalla non univocità di alcune denominazioni.
Parlare infatti di “personale specializzando” non corrisponde esattamente ad indicare i “medici in formazione“, esistendo anche specializzandi non medici, studenti di lauree specialistiche, ecc.
Tuttavia, a prescindere dalla denominazione utilizzata, il decreto 66/2003 non dà alcuna definizione di lavoratore, riprendendo quella, già citata, che comprende qualunque impiegato, compresi tirocinanti e apprendisti, e che quindi non può non riguardare il medico in formazione che svolge tirocinio in una struttura sanitaria.
Soprattutto, inoltre, proprio il decreto 66/2003 cita esplicitamente i medici in formazione, allo stesso modo della direttiva 88/03, includendoli nella regolamentazione in oggetto.
Altra possibile causa di non univoca interpretazione della normativa potrebbe ricondurrsi alla complessità della figura del medico in formazione specialistica che in Italia che concentra su di sé sia il ruolo di lavoratore e che quello di “studente”.
Analogamente, anche i medici strutturati, a causa del loro inquadramento come dirigenti, sono stati esclusi dall’applicazione della normativa per tutti questi anni.
Tuttavia, la Corte di Giustizia Europea ha sancito la validità della normativa per il personale strutturato, nonostante le caratteristiche del loro contratto da dirigenti.
Alla luce di quanto verificatosi per gli strutturati, si conferma che la normativa si applica a tutto il personale sanitario dipendente, a prescindere da qualsivoglia inquadramento contrattuale.
Sulla base di queste considerazioni e dell’analisi della documentazione sopracitata, l’interpretazione più corretta appare quella della applicabilità della normativa in questione anche ai medici in formazione specialistica.
In linea con questo si può affermare che dal 2009 non esistono più possibili deroghe specifiche per i medici in formazione; gli specializzandi sono compresi nella categoria dei lavoratori sanitari, ai quali si può chiedere di derogare non alle 48 ore settimanali, ma alla pausa ogni 6 ore, al riposo di 11 ore consecutive ogni 24 ore e di 24 ore consecutive ogni 7 giorni, purché questi riposi vengano compensati nei turni successivi.
Tuttavia, per avere conferma ufficiale di questo, FederSpecializzandi ha scritto alle autorità ministeriali competenti e si riserva di comunicare tempestivamente l’esito di tale interrogazione.
Si sottolinea inoltre che questa legge riguarda solo gli orari massimi di lavoro, e che l’orario standard per un medico in formazione è lo stesso dei dipendenti a tempo pieno, ossia un minimo di 34 ore settimanali più 4 di aggiornamento, con una normalità di 40 ore settimanali.
Questi devono essere gli orari da tenere come riferimento nell’organizzazione dei turni, lasciando 8-10 ore settimanali di margine per eventuali imprevisti di ordine clinico od organizzativo, che possono verificarsi nella pratica clinica.
In tal senso, si ricorda anche che gli straordinari non possono essere in alcun modo imposti al lavoratore, che il personale specializzando non può essere in alcun modo sostitutivo del personale di ruolo e che, nell’attuale giurisprudenza, l’abituale permanenza del medico a lavoro oltre l’orario normale in assenza di motivazioni straordinarie e dimostrabili costituisce, in caso di evento avverso, una condotta imprudente che può portare ad attribuire colpevolezza al medico, anche specializzando.
4. Approfondimento sull’orario di lavoro del medico specializzando: lavoro e formazione
L’entrata in vigore della normativa che regolamenta l’orario di lavoro del personale sanitario medico dipendente, secondo le modalità sopra descritte, e la sua applicabilità per il medico in formazione specialistica, sono sicuramente importanti passi avanti in chiave di sostenibilità personale, sociale e logistica dell’organizzazione del lavoro, sebbene questo richieda un incremento quantitativo del personale a disposizione dei reparti di assistenza.
Al di là, però, delle considerazioni di carattere generale, FederSpecializzandi intende porre in evidenza le implicazioni che questo cambiamento può avere sugli aspetti formativi del percorso del medico specializzando.
Come già riportato, il medico in formazione specialistica riunisce in sé la figura del lavoratore e quella dello studente. Diviene difficile però andare ad individuare nitidamente, dal punto di vista quantitativo, le ore che uno specializzando dedica alla formazione e quelle che dedica all’attività lavorativa, essendo le une e le altre strettamente interconnesse e spesso poste in sovrapposizione.
L’attività formativa e lavorativa stessa, infine, sono molto variabili nelle modalità e nelle tempistiche in relazione alla specifica specialità.
Si può allora concordare con alcuni dei pensieri più comuni sulla formazione dello specializzando come “più tempo si passa in ospedale e più si impara” o “l’unico modo per imparare è stare in ospedale più tempo possibile guardando e facendo“?
FederSpecializzandi ritiene che ciò non sia possibile e che sia opportuno effettuare una duplice valutazione.
Da una parte è necessario analizzare la qualità formativa del lavoro che si svolge e in quest’ottica è importante tenere conto del fatto che non tutte le attività lavorative sono ugualmente formative e che lo specializzando si trova spesso a svolgere mansioni ripetitive e burocratiche in sostituzione del personale strutturato (il che viola esplicitamente i termini del contratto).
In secondo luogo bisogna valutare i momenti formativi specifici dedicati alla crescita professionale del medico specializzando che il più delle volte non sono ben definiti, non sono inquadrati in momenti temporali appositi, non sono condivisi con il tutor e non seguono un piano di studi ponderato e strutturato.
Diviene quindi di primaria importanza rivedere interamente il percorso formativo dello specializzando andando ad individuare le competenze teoriche, pratiche e comportamentali che è chiamato ad acquisire e a delineare piani di studi volti a creare i contesti formativi e lavorativi adeguati all’acquisizione delle stesse e alla loro valutazione in un processo di graduale assunzione di responsabilità.
Solo in una seconda fase sarà possibile individuare i tempi precisi che lo specializzando dovrà dedicare ai momenti formativi e lavorativi, volti sempre a creare l’occasione per maturare competenza.
Per il medico in formazione, a differenza del medico strutturato, l’applicazione della norma rappresenta quindi un’ulteriore sfida, perché all’analisi quantitativa delle ore di lavoro, va aggiunta quella qualitativa del processo formativo.
Questa riflessione è in corso anche in altri Paesi Europei: recentemente, in un ospedale spagnolo il Ministero ha sospeso le guardie effettuate dagli specializzandi perché l’eccessivo numero di turni impediva loro di formarsi.
L’attuale concezione della vita professionale dello specializzando come presenza a oltranza in reparto è tra le cause del ridotto livello formativo delle scuole di specializzazione, ed è indice della scarsa organizzazione del lavoro nei reparti Italiani, oltre che della drammatica carenza di personale.
La direttiva Europea espone tutte le ragioni, scientificamente dimostrate, per cui un adeguato periodo di riposo è necessario per svolgere al meglio la propria attività lavorativa, tanto più se affiancata ad un periodo formativo.
In conclusione, FederSpecializzandi valuta positivamente, in termini di sostenibilità e qualità, l’applicazione della normativa in esame anche agli specializzandi e auspica soprattutto che ciò porti alla revisione del percorso formativo e all’individuazione qualitativa e quantitativa del lavoro che il medico in formazione specialistica deve svolgere nell’ottica di acquisire le competenze e la responsabilità richiesta.