Specializzazioni mediche: bene contratto unico, ma il focus sia sempre la formazione

Sono state da poco diffuse indiscrezioni sulle riforme al vaglio dei Ministeri e delle Regioni in merito al percorso di formazione medica post-laurea; a queste si è aggiunto un recente annuncio del Ministro Grillo.

Pur trattandosi di dichiarazioni preliminari, vogliamo portare il nostro punto di vista all’interno del dibattito.

La prima ipotesi al vaglio è quella di un doppio binario formativo (in linea con le dubbie proposte del regionalismo differenziato) che prevederebbe da un lato il permanere dei contratti di specializzazione nazionale e dall’altro la trasformazione dei contratti aggiuntivi regionali in percorsi di formazione lavoro con contratti a tempo determinato per lavorare negli ospedali (che dovranno essere definiti in una rete in raccordo con i policlinici universitari).

Si accetta, dunque, che non sia possibile dare a tutti le stesse possibilità a livello nazionale, e pertanto si creano percorsi regionali esclusivamente lavorativi in una rete gestita a livello locale.

Sarà così molto più facile, immaginiamo, inserire ospedali periferici a corto di personale all’interno delle reti in cui far ruotare gli specializzandi per la loro “formazione”, ottenendo proprio quello che si affermava di voler scongiurare, cioè il loro utilizzo improprio come tappabuchi di corsia.

Si dice poi che il concorso nazionale rimarrebbe invariato, e questo risulta ancora più insensato. Se le Regioni mettono le risorse, e il test nazionale rimane invariato, perché non aumentare il contingente ministeriale dando a tutti le stesse regole e le stesse opportunità?

Inutile dire che la strada verso un doppio binario per la nostra (e, a onor del vero, per la quasi totalità delle altre sigle di rappresentanza) associazione è per noi inaccettabile dato il suo intento fin troppo palese: sfruttare la massa di medici che ingiustamente rimangono fuori dal sistema formativo per coprire le carenze di organico locali a buon mercato spacciando il tutto per formazione.

Leggiamo poi che l’alternativa sarebbe un “percorso unico di formazione-lavoro”.

Bene che l’intento sia di mantenere un binario unico, ma bisogna precisare che non si tratta di una novità, la legge lo dice chiaramente da più di 20 anni: l’art. 37 del Dlgs 368/99, che inquadra il medico in formazione specialistica afferma infatti espressamente che all’atto dell’iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, il medico stipula uno specifico contratto annuale di formazione-lavoro” e che “il contratto è stipulato con l’università, ove ha sede la scuola di specializzazione, e con la regione nel cui territorio hanno sede le aziende sanitarie le cui strutture sono parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.”

Questa denominazione è stata poi successivamente modificata tramite la legge 266 del 2005, che a partire dall’Anno Accademico 2006/2007 ha introdotto la definizione di “contratto di formazione specialistica“, per precisare meglio lo status dello specializzando.

Esistono già i riferimenti che definiscono il quadro normativo proposto, il punto è che le cornici non bastano, bisogna aumentare le risorse, i sistemi di verifica e definire chiaramente quali siano i piani formativi comuni a livello nazionale, garantendo in parallelo l’utilizzo coerente delle reti formative.

Si specifica poi che lo specializzando “avrebbe un vero e proprio contratto a tempo determinato che gli potrà consentire, previa verifica costante delle competenze acquisite, di progredire step by step nelle responsabilità e poter svolgere, in modo integrativo e non sostitutivo, anche prestazioni assistenziali.

Anche in questo caso, bene che finalmente si sposti il focus sulle competenze e sulla progressiva autonomia, a patto che non sia in nessun caso sostitutiva: FederSpecializzandi porta avanti da anni proposte in merito e ha sempre spinto per compiere questo salto di paradigma nella tutela dello specializzando.

Per realizzare quanto indicato, però, è imprescindibile che vengano definiti core curricula nazionali per ogni Scuola di Specializzazione, che racchiudano l’insieme delle specifiche competenze che ogni specialista deve acquisire per la sua formazione.

Attenzione: non un mero elenco di cose da fare o generiche job descriptions, ma veri e propri manuali strutturati ed elaborati di concerto con tutti gli attori coinvolti in cui per ogni singola competenza vengano indicati gli obiettivi formativi, i processi di assessment e di valutazione, e le metodologie didattiche.

Se ciò non avverrà, il risultato sarà solo quello di mettere gli specializzandi a erogare prestazioni assistenziali per coprire ambulatori e corsie in base alla necessità.

In sintesi: ogni riforma deve avere come stella polare il miglioramento della formazione, e non la copertura di servizi assistenziali.

Come dice sempre il Dlgs 368/99, “in nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo”.

Se una rete formativa non è in grado di erogare assistenza ai cittadini senza il supporto degli specializzandi è un grave problema.

E purtroppo sappiamo che è così in tante realtà: già ad oggi infatti il medico in formazione lavora erogando assistenza ben al di là delle proprie competenze e a volte dei limiti di lavoro imposti dalla legge. Questo non è tollerabile né giustificabile.

Lo specializzando deve potersi formare senza che su di lui ricadano anni di politiche scriteriate di programmazione del personale.

Le proposte che mirano a far evolvere l’attuale sistema sono auspicabili, a patto che non diventino un pretesto per non assumere più specialisti con contratti adeguati e per usare medici non ancora formati per coprire carenze di organico a costi ridotti.

Infine un ultimo passaggio fondamentale: qualsiasi riforma dovrà essere vincolata in ogni caso ad un investimento straordinario sui contratti di formazione specialistica per risolvere una volta per tutte il problema dell’imbuto formativo.

Altrimenti si tratterà dell’ennesimo palliativo che rischia di scaricare, come si è sempre fatto, la responsabilità di risolvere il problema sui prossimi governi.


Pubblicato

in

, , ,

da