Assunzione degli specializzandi all’ultimo anno: non è la soluzione per le carenze di specialisti

In questi mesi abbiamo letto da più voci il suggerimento di assumere gli specializzandi all’ultimo anno con contratti a tempo determinato per risolvere le carenze di specialisti. Come parte in causa vogliamo portare anche il nostro punto di vista, sperando di riportare il focus sui punti per noi davvero importanti, in linea con quanto abbiamo sempre sostenuto.

Già in passato abbiamo assistito a simili proposte, poi fortunatamente rientrate. Diciamo fortunatamente perché su molti aspetti una contrattualizzazione a tempo determinato all’ultimo anno di specializzazione, alle attuali condizioni, non è a nostro avviso sostenibile.

In primo luogo, ci domandiamo come si vorrebbe nel concreto garantire l’assunzione.

Se il contratto fosse “integrativo”, attuato in parallelo al contratto di formazione specialistica, ci sarebbero evidenti problemi di compatibilità sia da un punto di vista giuridico che da un punto di vista dell’orario lavorativo. Come possiamo pretendere che uno specializzando dopo le sue 38 ore settimanali (quasi mai davvero tali) “stacchi” dal suo contratto di formazione e inizi le sue ore aggiuntive da medico dirigente, senza essere esposto a rischio errori o a burnout?

Se invece il contratto fosse inteso come “sostitutivo”, con l’ultimo anno convertito in un vero e proprio contratto lavorativo, la specializzazione di fatto verrebbe trasformata in un modello “3 (o 4 a seconda della durata) + 1”.  

Di fatto significherebbe tagliare, per meri motivi economici, un altro anno di specializzazione, come se le sforbiciate degli scorsi anni non fossero state sufficienti.

Qui subentra il punto che, come sempre, viene tristemente ignorato, cioè quello formativo.

Eccezion fatta per alcune rare e illuminate realtà, non esiste una cultura della pianificazione sistematica dell’apprendimento, della verifica costante delle competenze da acquisire e acquisite. Siamo ancora prigionieri di una mentalità “artigianale”, secondo la quale basta passare un po’ di tempo in un reparto e magicamente le cose si apprenderanno.

Perchè in Italia abbiamo solo due pagine scarse di obiettivi formativi generici per ogni specializzazione, mentre in altri Paesi esistono curriculum standardizzati di più di 300 pagine per disciplina?

Perché, senza scomodare sempre lo stereotipo nord versus sud, un chirurgo a Milano non ha le stesse opportunità formative di un collega di Brescia?

Queste sono le riflessioni da fare prima di lanciare proposte sull’assunzione degli specializzandi all’ultimo anno, una condizione che rischia di portare coloro che ancora devono finire il loro percorso a farsi carico di responsabilità che il sistema formativo italiano attualmente non mette nelle condizioni di affrontare.

Sì dirà: già ora lo specializzando eroga assistenza e all’ultimo anno ormai molte cose le ha imparate; perché non dargli questa possibilità, specie se poi dopo pochi mesi assume il titolo di specialista e ne acquisisce tutto il diritto?

Per un semplice motivo: una cosa, è svolgere attività medica all’interno di una rete formativa protetta in cui, per legge, l’attività dello specializzando in alcun caso deve essere sostitutiva del personale di ruolo e in cui deve sempre essere garantita la presenza di un tutor; altra cosa è chiamare uno specializzando per sopperire alle carenze di organico, scaricando su di lui tutti gli oneri e i rischi legali.

Senza contare poi che, fino all’ultimo, lo specializzando deve completare rotazioni tra le strutture della rete formativa, deve poter effettuare attività di ricerca e svolgere periodi all’estero, deve preparare una tesi. Attività che arricchiscono il profilo dello specialista e rischiano di essere sacrificate.

Non possiamo, poi, accettare la logica spesso sobillata secondo la quale, visto che in alcune Scuole gli specializzandi già lavorano più del dovuto colmando illegalmente da soli lacune di organico allora sia possibile istituzionalizzare una simile realtà.

In nessun caso si può tollerare che ciò avvenga, e bisogna potenziare gli strumenti di verifica e controllo per fare rispettare le leggi sull’orario di lavoro e permettere agli specializzandi di svolgere il loro mestiere, quello di formarsi, in tutta sicurezza.

Peraltro, se si ottimizzassero le rotazioni e se fossero messi nelle condizioni di gestire con un grado crescente di autonomia mansioni meno critiche sotto la supervisione dei tutor, gli specializzandi potrebbero già ora alleviare molto del peso assistenziale nei vari reparti mediante l’assistenza che erogano quotidianamente, senza superare però i limiti imposti dalla formazione.

Infine c’è il lato economico: se l’assunzione fosse alle condizioni economiche dell’attuale contratto di formazione specialistica, oltre al danno si avrebbe anche la beffa. Si avrebbero infatti maggiori responsabilità con lo stesso trattamento.

Se invece l’assunzione fosse “integrativa”, il compenso derivato dovrebbe sommarsi a quello dell’attuale contratto, ma come abbiamo illustrato prima, il problema rimarrebbe sul carico di lavoro complessivo del medico.

L’unico vantaggio si avrebbe nel caso di sostituzione del compenso dell’ultimo anno del contratto di formazione specialistica, di 26.000 euro lordi (fermo a valori del 2007), con quello della dirigenza medica, di circa 43.000 euro lordi. Pur considerando le trattenute IRPEF, il netto sarebbe infatti più elevato. Sorge però un dubbio: se nel complesso le risorse per garantire questi contratti a tempo determinato ci sono, come mai non si possono utilizzare per migliorare i contratti per i neo specialisti (spesso il vero motivo per cui alcuni concorsi vanno deserti) o per finanziare ulteriori contratti di formazione specialistica, anche regionali?

Qualcuno dirà che la situazione è critica e non ci sono altre soluzioni. Non è così, le strade ci sono e le alternative le offriamo da tempo, è tutta una questione di volontà politica.

Le carenze di specialisti infatti non sono omogenee sul territorio nazionale, ma riguardano certe specializzazioni e certe realtà regionali.

Bisognerebbe prima di tutto dare piena esecuzione ai commi 547 e 548 recentemente approvati in Legge di Bilancio 2019, che permettono già agli specializzandi all’ultimo anno di partecipare ai concorsi a tempo indeterminato, entrando in graduatoria separata e potendo essere assunti non appena conseguito il titolo, accelerando i tempi di latenza post-specializzazione.

Senza poi introdurre nuove contrattualizzazioni, si potrebbe infine valutare la possibilità per gli specializzandi dell’ultimo anno di fornire prestazioni limitate (per esempio non più di 36-48 ore mensili) e adeguatamente retribuite extra orario formativo, con vincoli predefiniti tali da non inficiare la qualità della formazione, in analogia a quanto avviene per le sostituzioni di guardia medica e dei medici di medicina generale.

Queste soluzioni a breve termine, in ogni caso, devono essere messe in campo solo ad integrazione di interventi strutturali come l’aumento dei contratti di formazione specialistica ministeriali e regionali fino al massimo consentito dalla rete formativa, dando la priorità alle specializzazioni carenti, e il miglioramento delle condizioni lavorative ed economiche per il personale medico del SSN, specie per le aree critiche. Spesso, infatti, sono i ritmi massacranti, i rischi e le responsabilità esagerate a disincentivare la partecipazione a certi concorsi da parte dei professionisti, che preferiscono optare per percorsi più sicuri se non addirittura per il privato.

Frasi come “la coperta è corta per tutti” o “è molto di più di quello messo negli scorsi anni” non possono più trovare spazio. Servono finanziamenti straordinari: o questa emergenza la si risolve come tale o si scelgono altre priorità, fino a quando non sarà troppo tardi.

In conclusione, crediamo che la proposta di assunzione degli specializzandi sia un boomerang, una facile soluzione tampone che non guarda lontano e che scarica sugli anelli più deboli della catena decenni di definanziamento e programmazione scriteriata nel SSN, utilizzando (il verbo è purtroppo quello che si legge) gli specializzandi come jolly tuttofare con lo scopo unico di sbloccare risorse.

Riflessioni su qualità formativa: non pervenute.


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